Da decenni sono causa di dibattito. Ma perché qualcosa che cresce naturalmente sul corpo delle donne provoca tante polemiche? Alla fine, conta solo sentirsi a proprio agio, giusto? Un essay dal The Music Issue di Cosmopolitan
Come la maggior parte delle donne, ho iniziato a depilarmi sin dalla prima adolescenza. Comprare il mio primo rasoio è stata una pietra miliare nel mio passaggio da ragazzina a persona adulta, tanto quanto rubare un assorbente dal cassetto dell’intimo di mia madre, o rendermi conto che acquistare il reggiseno fregandomene della taglia della coppa non fosse proprio l’ideale. Ma è solo ora, a 34anni, che comincio a chiedermi per chi mi stia depilando, e perché.
Conosciamo tutti la pubblicità, quella con la canzone dei Bananarama. “I’m your Venus, I’m your fire, your desire”, intona la band, e appaiono alcune donne intente a spassarsela in spiaggia. Lo spot indugia e zooma sulle singole parti del corpo mentre le ragazze si passano un rasoio sulle gambe, già liscissime come seta e lunghe chilometri. Quando cerco lo spot su YouTube e riguardo oggi queste ragazze in bikini, belle in modo così stereotipato, che fanno bolle di sapone mentre una voce fuori campo mi parla di lame idratanti integrate, mi sale una risata isterica e mi sanguinano gli occhi davanti a questa assurda visione. Ma perché, allora, io non posso separarmi dal mio rasoio? Perché provo vergogna quando mi lascio crescere i peli delle ascelle? Perché farmi vedere in pubblico con le gambe pelose è ancora un problema per il mio cervello, eppure rimprovero mio padre e mio fratello di essere sessisti quando fanno commenti sulle donne in tv? In che modo l’insofferenza per qualcosa di naturale è diventata così profondamente radicata in me?
«Spesso uso gli esempi della fasciatura cinese dei piedi o del corsetto vittoriano», afferma la professoressa Heather Widdows dell’Università di Birmingham, autrice del libro Perfect Me, quando ci diamo appuntamento su Zoom per discutere di questa problematica. «La gente dice che non c’è niente di male a depilarsi, ma in realtà qualcosa di male c’è. Nel caso dei due casi estremi che ho citato, solo una piccola percentuale di donne, di classi sociali elevate, indossava corsetti e si fasciava i piedi, perciò sì: si trattava comunque di aderire a certi standard di bellezza, ma non c’era confusione in merito né una diffusione capillare. Oggi invece viviamo immerse in un ideale che vale in tutto il mondo, per cui tutte si radono, e depilarsi è diventato così normale da essere considerato alla stregua di una pratica igienica».
Vedere la rasatura, la ceretta, il laser o l’epilazione come lavarsi i denti spiegherebbe non solo la mia reazione alle gambe irsute, ma anche le risposte che ho ricevuto dalle mie follower su Instagram quando ho chiesto loro come si sarebbero sentite se avessero osato lasciar crescere i peli. «Pigra», «sporca», «sarebbe come smettere di prendermi cura di me stessa». Vorrei rispondere personalmente a ciascuna e dire quanto sia ridicolo tutto questo, ma non posso, perché so che mi sento esattamente allo stesso modo. La professoressa Widdows descrive questo severo giudizio morale come una “sanzione”, che spazia dall’abuso verbale, al non voler stare vicino a una donna con peli superflui poiché considerata “sporca”, e addirittura all’osteggiarne il ruolo in un posto di lavoro.
«Solo ora mi chiedo per chi mi stia depilando e perché»
Gambe pelose? O sei trasandata o sei un’esagitata attivista politica, non c’è via di mezzo. A giudicare dai commenti delle mie follower, è chiaro che questi limiti siano una realtà, fino ad arrivare a quelle donne con cui il/la partner non fa sesso a meno che non siano lisce in modo perfetto. C’è da meravigliarsi se abbiamo interiorizzato questa vergogna per i peli del nostro corpo?
Paisley Gilmour è una delle persone più progressiste che conosca. Come sex editor di Cosmopolitan UK, mi ha incoraggiato a mettere in discussione tutte le mie convinzioni, dal linguaggio di genere che uso alle relazioni che intrattengo. Se non fosse stato per il lavoro, i nostri mondi non si sarebbero mai incontrati e scontrati, ma sono felicissima sia accaduto. E tenete presente che, nonostante Paisley una volta si sia fatta consegnare uno strap-on in ufficio e l’abbia provato alla sua scrivania (era completamente vestita, meglio chiarirlo), mostrare i suoi peli delle gambe su Instagram resta, almeno per me, la cosa più scioccante che abbia mai fatto.
«Ho smesso di radermi le gambe e le ascelle quando avevo 28 anni. Per quanto riguarda il pube, ho sempre tenuto in ordine la zona bikini, mentre ora non faccio proprio nulla», mi dice senza mezzi termini. Quindi, qual è stata la spinta per lei a smettere? «C’erano periodi in cui mi lasciavo crescere i peli quando uscivo con gli uomini. Ma avevo sempre un tarlo nella mente: che ne sarebbero rimasti disgustati. Quando ho fatto coming out e ho iniziato a frequentare le donne, finalmente mi sono sentita libera di farmeli crescere senza più paura di essere giudicata. Loro lo ritengono molto più accettabile e, anzi, trovo che le donne siano molto eccitate dai miei peli».
Benché per un po’ abbia switchato il mio profilo Tinder da uomini a donne, ispirata da Paisley, mi sono resa conto di essere, purtroppo per me, eterosessuale. Ergo, se so che ci possa essere la possibilità di finire a letto con un uomo o almeno di farci una sveltina in macchina, in quale altro modo posso imparare ad accettare, per non dire proprio amare, i miei peli così che mi senta a mio agio con un estraneo? Stiamo parlando davvero di questo? Sì, pensate un po’ dove ci ha condotti la società.
Forse Miley Cyrus, Ashley Graham, Amandla Stenberg, o anche Gigi Hadid, ai tempi Julia Roberts possono aiutarmi. A guardarle, pare che tutte stiano combattendo con successo il patriarcato, o almeno che lottino per tenersi i peli delle ascelle. Ashley ha fatto un selfie molto spontaneo, in bagno, con tutto il pelame in mostra, Amandla lo ha esibito sfilando sul red carpet, Gigi ha girato un intero servizio fotografico di Reebok senza depilarsi, e Miley si è tinta i peli di rosa. Essendo cresciuta nell’era in cui Julia fece scalpore e finì in prima pagina per aver osato mostrarsi con le ascelle pelose alla prima di un suo film, questo è davvero un progresso. Di pari passo con quello delle star, anche il mondo delle pubblicità è cambiato, e brand di rasoi e strumenti per la depilazione si stanno muovendo su questo fronte, anche se la strada nella maggior parte dei casi, è ancora lunga. Prosegue Widdows: «Di solito una pubblicità che mostra qualcuno con i peli del corpo è piuttosto carina e mostra una bellissima giovane donna con piccoli e deliziosi ciuffetti di peli sotto le ascelle, e che soddisfi le quattro caratteristiche che la rendono desiderabile: avere le curve, essere liscia, soda e giovane. Questa non è accettazione del corpo, anzi direi che quasi finge di esserlo. Dov’è il vero pelo, dove sono i corpi vecchi, i corpi grassi?».
Un lungo scroll di Instagram conferma la sua teoria e l’unico pelo in mostra avrebbe potuto vincere un concorso di bellezza. Eppure stiamo assistendo a un’apertura sul “mondo del pelo”, sia per quanto riguarda brand disposti a dialogare ed esporsi sulla body positivity includendo taglie, etnie e peli “veri”, sia con influencer che si mostrano al naturale e si rendono quasi “ambasciatrici” della causa. C’è @januhairy, account che incoraggia le donne a lasciar crescere i peli per un mese e a postare le foto, @aaliyahramseyy che non solo fa crescere i peli delle ascelle, ma li tinge e li espone, e ancora @murielxo che parla di body positivity a tutto tondo e @leitalienne che fa dell’accettazione del corpo il proprio mantra.
A post shared by MARIKA 〰️ (@leitalienne)
Ispirata dalla mia conversazione con la professoressa Widdows, decido di non depilarmi per il pap-test. La mia “ribellione” è stata in qualche modo liberatoria, eppure a fine visita non posso dire di essere pronta ad abbandonare del tutto la depilazione.
Essendo una donna plus-size, mi ci è voluto parecchio tempo per trovare il coraggio di mostrarmi a gambe nude in pubblico, tra cellulite, capillari a vista e tutto il resto, quindi aggiungere i peli al mix non mi pare l’idea migliore del mondo. Ciò significa che sono una pessima femminista? Sto deludendo tutte e tutti? «Se vogliamo scardinare gli standard di bellezza, dovremmo preoccuparci meno di ciò che facciamo o non facciamo e più di come contrastiamo la cultura imperante, cosicché rimuovere i peli non sia più un dovere», afferma Widdows. Come ha detto una donna che mi ha risposto su Instagram: «Non faccio la ceretta per gli uomini e per nessun altro. La faccio perché, proprio come quando mi scurisco le sopracciglia o mi metto un rossetto rosso, mi fa sentire bene nel mio corpo».
Perciò, benché dubito che mi vedrete mai con un mese di ricrescita di peli ascellari ostentati su Instagram, mi metterò alla prova in altri modi: facendomi un esame di coscienza se mi rendo conto che sto giudicando un’altra donna accanto a me nello spogliatoio, rimbrottando mio nipote se mi fa notare che ho le gambe pelose (ricordandomi che ha quattro anni) e parlando in completa libertà col mio futuro compagno delle sue aspettative sul mio corpo. Ma soprattutto, voglio mettere alla prova il modo in cui mi percepisco. Non mi sveglierò mai alle 5 del mattino salmodiando i mantra mattutini allo specchio ma magari smetterò di sentirmi “sporca” solo perché ho qualche pelo libero.